A volte si è così disallineati dal mondo (grande o piccolo che sia) che arriva il momento in cui ci si ferma, si fa un bel respiro (profondo), si raggruppano tutti i cocci in un sol posto e si ricomincia, cercando un equilibrio tra corpo, mente e circostanze.
E così capita che, in una tranquilla e rilassante serata domenicale di inizio luglio, al termine di un "agonistico" week-end, nel momento in cui ti ritrovi a perdere tempo su internet, arriva una notizia tanto triste quanto inaspettata. Tale da farti dormire male, tanto da iniziare la settimana con una pesante nube nera sopra la testa.
In questi momenti, passata la fase di vuoto-panico-smarrimento-eorachefaccio, la razionalità e, talvolta, il buon senso sono gli elementi che gestiscono le priorità dei pensieri (o, almeno, dovrebbero): ci si scopre sufficientemente sensibili, magari qualche egoismo lascia il posto alla comprensione della situazione, improvvisamente sembra esserci una soluzione. A quasi tutto. Ma la parte difficile è trovarla. Così che passi discretamente alcuni quarti d'ora, senza arrivare a nulla. Anzi, con un bouquet di speranze e auspici, utili per placare i peggio sentimenti, sempre in agguato. Nel mentre di tutto questo, poi, arriva una sorta di happy end, come in certi film (non proprio commedie comiche). Tutto diventa inesorabilmente più leggero e si respira con più facilità. Anche il caldo, alla fine, non è che uno stato mentale (se non è troppo!). No, non c'è il tempo necessario per godersi appieno la felicità: è un bel momento, ma, secondo me, non è una condizione duratura. E' come un picco: una volta raggiunto, il grafico non può che scendere. Certo, non è una tantum, però nemmeno così frequente. Ma perché tutto questo giro di parole... ah, già, non si fa in tempo ad avere un buon aggiornamento, che è già il momento di pensare al futuro più o meno prossimo, attività da un lato stimolante (pensare, anche con un po' di fantasia, al futuro può essere un buon esercizio motivazionale), dall'altro personalmente, mi angoscia. Il fatto di proiettare scenari mentali plesio-realistici e di non vederli realizzati è frustrante e causa di un pessimismo cosmico, talvolta necessario, ma non sempre positivo per l'individuo immerso nel mondo.
In questi momenti, passata la fase di vuoto-panico-smarrimento-eorachefaccio, la razionalità e, talvolta, il buon senso sono gli elementi che gestiscono le priorità dei pensieri (o, almeno, dovrebbero): ci si scopre sufficientemente sensibili, magari qualche egoismo lascia il posto alla comprensione della situazione, improvvisamente sembra esserci una soluzione. A quasi tutto. Ma la parte difficile è trovarla. Così che passi discretamente alcuni quarti d'ora, senza arrivare a nulla. Anzi, con un bouquet di speranze e auspici, utili per placare i peggio sentimenti, sempre in agguato. Nel mentre di tutto questo, poi, arriva una sorta di happy end, come in certi film (non proprio commedie comiche). Tutto diventa inesorabilmente più leggero e si respira con più facilità. Anche il caldo, alla fine, non è che uno stato mentale (se non è troppo!). No, non c'è il tempo necessario per godersi appieno la felicità: è un bel momento, ma, secondo me, non è una condizione duratura. E' come un picco: una volta raggiunto, il grafico non può che scendere. Certo, non è una tantum, però nemmeno così frequente. Ma perché tutto questo giro di parole... ah, già, non si fa in tempo ad avere un buon aggiornamento, che è già il momento di pensare al futuro più o meno prossimo, attività da un lato stimolante (pensare, anche con un po' di fantasia, al futuro può essere un buon esercizio motivazionale), dall'altro personalmente, mi angoscia. Il fatto di proiettare scenari mentali plesio-realistici e di non vederli realizzati è frustrante e causa di un pessimismo cosmico, talvolta necessario, ma non sempre positivo per l'individuo immerso nel mondo.
In ogni caso il luglio (e quest'anno) è particolarmente difficile: troppi pensieri, troppe scadenze, troppi argomenti. E pianificazioni saltate: il fatto di non aver sotto controllo le situazioni è una condizione odiosa. Ma si trova il modo di uscirne, di prendere quanto di buono ci può essere sulla strada (buia) che si sta percorrendo. Cercherò di ricostruire quanto possibile, intanto mi ascolto un po' di musica.
In particolare la cover, che uscì qualche anno fa, di Luglio, pezzo degli anni '60 cantato da Riccardo Del Turco, nella versione degli Askers, sul Giuliano Palma Style. Gradevole. E poi il testo presenta delle belle soluzioni.
E poi un mio personale evergreen che mi accompagna da un sacco di anni: Agosto, dei Perturbazione. Ogni ascolto, mille emozioni. Qui in versione live (a partire dal minuto 3) al Carroponte di Sesto S. Giovanni (vicino Milano): il concerto è dell'anno scorso, è stato bello perché loro sono bravi. Ecco.
"Se non è vero che hai paura
non è vero che ti senti solo
non è vero che fa freddo
allora perché tremi in questo agosto?"
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